DOLORE ALL’ANCA: CAPIAMO INSIEME PERCHE’ E COME RISOLVERLO

L’anca, o articolazione coxo-femorale, è una delle articolazioni più mobili del corpo umano, nonché uno dei distretti maggiormente sottoposto a stress, in quanto crocevia delle molteplici forze che dalla colonna vertebrale vengono trasmesse agli arti inferiori e viceversa. Alla luce di questo, un dolore all’anca, condizione definita di coxalgia, è un sintomo molto frequente e largamente diffuso nella popolazione. Spesso nella comune pratica clinica si devono gestire pazienti che riferiscono sintomatologia dolorosa all’anca o in zone riflesse note per essere collegate all’anca, e sempre più di sovente non si tratta solo di persone anziane ma anche di soggetti giovani.
 
Nel seguente articolo illustreremo le principali caratteristiche del dolore all’anca, focalizzando l’attenzione sulle diverse cause che ne possono indurre l’insorgenza e sulle potenziali cure a cui sottoporsi per la risoluzione di tale problematica.
 
Prima è, però, opportuno descrivere brevemente la struttura anatomica dell’articolazione dell’anca per acquisirne una visione semplificata della biomeccanica funzionale.
 

1.     ANATOMIA DELL’ANCA

L’anca, o articolazione coxo-femorale, costituisce un’enartrosi, ovvero un’articolazione mobile tra una superficie sferica o emisferica ed una concavità, rappresentate rispettivamente dalla testa del femore e dalla cavità acetabolare (o cotiloidea) dell’osso iliaco. Essa rappresenta la zona di raccordo tra la regione pelvica del tronco e lo scheletro dell’arto inferiore.
 
La superficie articolare della cavità acetabolare è detta superficie semilunare, un anello fibrocartilagineo corrispondente a circa 3/4 di sfera e rivestito da cartilagine articolare ialina, più spessa nei punti in cui risulta maggiore il carico del peso corporeo in stazione eretta. Tale cartilagine deborda dal margine dell’acetabolo, costituendo il labbro acetabolare, necessario ad aumentare la congruenza dei due capi articolari e la stabilità articolare grazie al contenimento della testa del femore. Infatti, la testa femorale convessa rappresenta circa 2/3 di una sfera di diametro di 4-5 cm e risulta quindi non perfettamente congruente con la superficie concava del cotile. Anche la testa del femore appare ricoperta di cartilagine ialina più spessa al centro rispetto ai margini, fatta eccezione per la fossetta circolare localizzata al centro della testa femorale detta fovea capitis, su cui si inserisce un legamento intrarticolare: il legamento rotondo del femore, di congiunzione con la fossa acetabolare.
 
L’intera articolazione coxo-femorale è rivestita da una capsula articolare fibrosa che si avvolge come un manicotto attorno alle due superfici articolari sopra descritte. A comporre la struttura articolare analizzata concorrono anche 5 importanti legamenti, di cui i primi tre da considerarsi come ispessimenti della capsula articolare:
  • Legamento ileofemorale (o di Bertin)
  • Legamento pubofemorale
  • Legamento ischiofemorale
  • Legamento rotondo
  • Legamento trasverso del femor  
Tramite il loro tensionamento e rilassamento durante i movimenti, essi contribuiscono al mantenimento della stabilità dell’articolazione unitamente alle componenti muscolo-tendinee agenti sull’anca (ad esempio il muscolo piriforme, un extrarotatore d’anca il cui spasmo spesso simula i sintomi classici di una sciatalgia per la sua vicinanza al nervo ischiatico, è un potente accoattatore della testa femorale all’interno della cavità acetabolare).
 
Al pari dell’articolazione scapolo-omerale del complesso della spalla, l’anca è una delle articolazioni più mobili del nostro corpo, potendo compiere movimenti di flessione ed estensione sul piano sagittale, abduzione ed adduzione sul piano frontale, rotazione esterna ed interna sul piano trasversale: nell’insieme è dotata, quindi, del movimento di circonduzione grazie all’unità funzionale costituita dai muscoli che agiscono su di essa.

2.     IL SINTOMO “DOLORE”

Come già affermato in precedenza, il dolore all’anca, o coxalgia, è una condizione molto comune di cui soffrono tantissimi individui, con prevalenza nella popolazione adulto-anziana con età superiore ai 50-55 anni, come comprovato da studi epidemiologici effettuati.
 
Spesso, tale sintomatologia dolorosa è sottovalutata dai soggetti che ne soffrono, ma non deve essere trascurata perché può indicare la possibile presenza di patologie specifiche a carico dell’articolazione coxo-femorale.
 
E’ quindi necessario porre particolare attenzione alle caratteristiche principali del dolore stesso, quali:
  • Sede o localizzazione: per differenziarlo da dolori di altra origine. In caso di coxalgia, il dolore può essere localizzato lateralmente in corrispondenza del gran trocantere, ma più spesso la zona indicata dal paziente come dolorosa non è l’articolazione propria bensì una zona riflessa, come la regione inguinale o quella glutea. Accade, talvolta, che il dolore si propaghi lungo la regione anteriore della coscia fino alla faccia mediale del ginocchio.
  • Modalità di insorgenza: è importante distinguere tra dolore acuto (compare all’improvviso ed ha durata limitata perché termina con la risoluzione della causa che lo ha provocato), cronico (costante, insistente e con durata protratta nel tempo), acuto cronicizzato (inizia come dolore acuto ma tende a protrarsi nel tempo) o acuto recidivante (dolore improvviso incostante, ovvero si ripresenta più volte con le stesse caratteristiche).
  • Andamento giornaliero: considerare attentamente se esiste un momento della giornata specifico in cui esso compare, se è scatenato da un determinato movimento (solitamente i movimenti più dolorosi appaiono essere la flessione e l’abduzione) o se presente anche a riposo. Questo consente di differenziare un dolore di tipo traumatico o biomeccanico, da un dolore di origine infiammatoria.
  • Presenza di fattori aggravanti od allevianti: alcuni elementi, come movimenti, posizioni o condizioni metereologiche, possono influenzare l’intensità del dolore, aumentandola o diminuendola. Ad esempio, solitamente in caso di coxalgia, si parla di dolore gravativo, ovvero di un dolore accentuato in stazione eretta dal carico del peso corporeo trasferito sugli arti inferiori e che tende, invece, ad alleviarsi a riposo.
  • Necessità di assumere analgesici per alleviare il dolore e risposta dello stesso ai farmaci.
  • Al sintomo dolore si associa frequentemente una limitazione del movimento articolare della coxo-femorale e conseguentemente una limitazione funzionale nella deambulazione, con il paziente che tende ad assumere compensi nel cammino come evitamento del dolore stesso: questi, in genere, diventano i segni clinici più rilevanti nella valutazione diagnostica.      

3.     POSSIBILI CAUSE DI DOLORE ALL’ANCA

Le patologie che possono interessare l’anca direttamente o indirettamente e provocare una coxalgia sono numerose. In linea generale un dolore all’anca può avere origine traumatica oppure non traumatica (o degenerativa da overuse, cioè utilizzo eccessivo; o infettivo- infiammatoria).
 
Le più comuni risultano essere:
  • Artrosi dell’anca (o coxartrosi)
  • Fratture
  • Algoneurodistrofia
  • Radicolopatia L1-L2-L3
  • Tra le cause traumatiche distinguiamo:
  • Fratture: avvengono spesso in seguito ad una caduta ed in combinazione con osteoporosi locale (a volte accade che la frattura sia provocata dall’osteoporosi stessa e che solo dopo avvenga la caduta per il cedimento osseo). Risultano, quindi, più frequenti nella popolazione anziana, quando il rischio di cadere è maggiore anche per una fisiologica perdita dell’equilibrio. La localizzazione più comune è sul collo femore o nella regione trocanterica, mentre più raramente si ha frattura della cavità acetabolare.
  • Lussazioni
  • Contusioni
  • tiramenti muscolari dei muscoli agenti sull’anca (es. gluteo, retto femorale ecc…): essi avvengono più frequentemente nei soggetti giovani e soprattutto in coloro che praticano attività sportiva.
  • Tra le cause non traumatiche di coxalgia, riportiamo le seguenti:
  • Coxartrosi: una patologia cronico-degenerativa che porta ad una riduzione dello spazio articolare tra testa femorale e cavità cotiloidea e a lesioni della cartilagine articolare. Insorge tipicamente con l’avanzare dell’età e provoca rigidità e limitazione funzionale dell’articolazione.
  • Osteoporosi: patologia del metabolismo osseo che provoca perdita di massa ossea e conseguentemente un’alterazione della struttura scheletrica tale da renderla fragile e ridurne la resistenza.
  • Artrite reumatoide: patologia infiammatoria sistemica su base autoimmune.
  • Necrosi asettica della testa femorale: condizione dovuta all’interruzione del nutrimento vascolare alla testa del femore che provoca degenerazione ossea.
  • Sacroileite: infiammazione dell’articolazione sacro-iliaca.
  • Esiti di patologie pediatriche come la displasia congenita d’anca, l’epifisiolisi ed il morbo di Perthes
  • Discopatia: soprattutto discopatie (protrusioni o ernie) che provochino una radicolopatia a livello L1-L2-L3 con interessamento del nervo crurale (o femorale)
  • Sciatalgia
  • Sindrome del piriforme: condizione dovuta all’irritazione del nervo sciatico per uno spasmo, un’infiammazione o un trauma del muscolo piriforme (che si distende dal sacro al grande trocantere). Simula una sciatalgia, ma si differenzia in quanto non vi è una compressione radicolare lombo-sacrale.
  • Borsite trocanterica: infiammazione della borsa trocanterica localizzata nella regione laterale dell’anca come cuscinetto protettivo per evitare lo sfregamento del grande trocantere con le strutture muscolo-tendinee adiacenti.
  • Tendiniti: infiammazioni dei tendini muscolari locali (ad esempio del medio gluteo o del piriforme). Comune è la coxalgia da tendinite della bendelletta ileo-tibiale, la quale decorre sulla faccia laterale dell’anca per inserirsi sulla tibia e sulla testa del perone.
  • Osteocondrosi: patologia degenerativa che genera alterazione della cartilagine di accrescimento e compromette lo sviluppo osseo, portando, negli stadi avanzati, al distacco di porzioni ossee.
  • Obesità
  • Gravidanza
  • Ernia addominale od inguinale dovuta ad una debolezza della fascia addominale che tende ad erniare qualora si verifichino aumenti di pressione nella cavità addominale stessa.
  • Squilibri posturali: ad esempio un valgismo del ginocchio che, modificando l’asse dell’arto inferiore, porta a sovraccaricare il distretto dell’anca.
  • Problemi viscerali: ne sono esempio una fibrosi della fascia renale o problemi alle anse intestinali.
  • Spondilite anchilosante: patologia artritica degenerativa su base genetica ed autoimmune che colpisce principalmente le articolazioni vertebrali ma può condurre, nei casi più gravi, ad anchilosi delle diverse articolazioni corporee.
  • Morbo di Paget: patologia del metabolismo e del rimodellamento osseo che espone ad un aumentato rischio di fratture e di malformazioni ossee.
  • Neoplasie ossee
  • E’ bene anche ricordare come alcune condizioni lavorative (ad esempio muratori, piastrellisti) e sportive (danzatori o pattinatori) possono favorire l’insorgenza di coxalgia in quanto provocano un sovraccarico funzionale che determina un’usura precoce dell’articolazione.
 
 

4.     COSA FARE IN CASO DI DOLORE ALL’ANCA

Qualora si avverta dolore all’articolazione dell’anca, data la vastità delle cause scatenanti, è bene rivolgersi ad un medico in grado di effettuare una tempestiva ed adeguata diagnosi valutativa, specialmente se con il riposo, l’applicazione di ghiaccio, l’assunzione spontanea di antinfiammatori o antidolorifici e altri semplici accorgimenti, il dolore persiste.
 
Solitamente, se il dolore è comparso progressivamente e causa rigidità articolare con una limitazione funzionale graduale, è facile ipotizzare una possibile artrosi come matrice scatenante, soprattutto se presenta un tipico andamento a tre tempi: si genera al mattino, diminuisce nel corso della giornata con il movimento e si acuisce nuovamente alla sera per via dell’utilizzo dell’articolazione durante la giornata.
 
Al contrario, se il dolore è urente, improvviso e ben localizzato, è da considerare una possibile origine infiammatoria (soprattutto se associato a calore locale e gonfiore) o traumatica (in caso di frattura si ha difficoltà o impossibilità di spostare il peso corporeo sull’arto interessato). Qualora a tali caratteristiche si aggiunga anche la presenza di febbre nel soggetto, allora la causa primaria è verosimilmente di natura infettiva (come ad esempio un artrite settica).
 
Nel caso di una contusione, di una borsite trocanterica o di una tendinite, inoltre, il dolore è tipicamente laterale; al contrario, il dolore risulta localizzato anteriormente o in regione inguinale soprattutto in caso di coxartrosi, di radicolopatia L1-L2-L3 e di ernia addominale o inguinale.
 
L’esame valutativo da parte dello specialista prevede l’esecuzione di test clinici specifici sia per l’anca che per la colonna vertebrale e l’intero arto inferiore ed un’analisi dell’anca sia sotto carico in ortostatismo e durante la deambulazione, sia in scarico. Qualora il medico abbia un sospetto diagnostico non confermato dal solo esame obiettivo, può richiedere di effettuare ulteriori esami come RX (utile per diagnosticare quadri di coxartrosi), ecografia (per i casi di borsiti o tendiniti), esami del sangue (se si sospetta una malattia infiammatoria sistemica).

5.     POSSIBILI RIMEDI

Ovviamente a seconda della problematica diagnosticata, il trattamento risulta differente: in caso di artrosi, per esempio, bisogna valutare la necessità di eseguire un intervento di sostituzione con protesi; nel caso di una discopatia con interessamento del nervo crurale o nel caso di una sindrome del piriforme, possono essere di aiuto sedute di fisioterapia strumentale e manuale e cicli di ginnastica posturale.
 
In tale ottica, una corretta diagnosi rappresenta il punto di partenza per la programmazione di un percorso curativo e riabilitativo idoneo che miri sia alla risoluzione dell’infiammazione e del dolore locale o irradiato, sia al ripristino di un corretto funzionamento biomeccanico dell’articolazione e di una corretta postura.
 
Nello specifico, la filosofia di cura del KINETICSPORTCENTER è suddivisa in fasi, con particolare attenzione alla progressione dei carichi di lavoro.

STEP 1

Riduzione del dolore e dell’infiammazione.
Gli obiettivi di questa prima fase di lavoro sono la riduzione della sintomatologia dolorosa e del quadro infiammatorio instauratasi, nonchè la riduzione del gonfiore attraverso l’utilizzo di sofisticate tecnologie riabilitative

STEP 2

Recupero dell’articolarità e della flessibilità.
L’obiettivo è quello di raggiungere il completo range di movimento di un’articolazione o il ripristino di un movimento specifico in assenza di dolore.

STEP 3

Recupero della forza e della resistenza muscolare.
L’obiettivo del terzo step è il ripristino della forza muscolare e il recupero della resistenza del paziente attraverso un protocollo di lavoro personalizzato.

STEP 4

Recupero della coordinazione.
L’obiettivo di questa fase è il recupero della coordinazione e della completa percezione del corpo.

STEP 5

Recupero della gestualità.
L’obiettivo della quinta fase è, per la persona comune, il recupero delle normali gestualità della vita attiva, mentre per l’atleta il recupero del gesto tecnico nello sport specifico che dovrà essere eseguito con precisione.

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